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Far Cry 3: Blood Dragon, la recensione al neon

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Lintroduzione: dice «cosa ci fa un videogioco sui 400calci?». Domanda legittima, a meno di non voler usare un po’ di memoria storica: il secondo post mai pubblicato su questo sito – il primo, se si esclude la tonitruante presentazione fatta dal Capo – parlava di un videogioco con protagonista Chuck Norris. Quindi la prima risposta potrebbe essere: «Ehi, li abbiamo sempre avuti, i videogiochi sui Calci!». Poi c’è il fatto che in molti – privatamente, pubblicamente, al Capo, a me, via mail, via Facebook – ci avete chiesto «come mai non?»; in particolare, di richieste su Far Cry 3: Blood Dragon ne sono arrivate a secchiate, per un motivo molto semplice: in un mondo già intrinsecamente calcistico come quello dei vidjagamez, regno dell’eccesso, del genere e della violenza, Blood Dragon sembra costruito apposta per soddisfare anche il fancalcista più esigente e dal palato più fino. Il perché provo a spiegarvelo qui sotto. Infine, dopo aver finito un gioco in cui succedono cose che c’entrano con i reattori nucleari, ho LA FOTTA di condividere con voi FC3BD e, magari, farvi scoprire che i400Calci sono ovunque, non solo in un calcio rotante o in una petroliera usata come mazza da baseball. Che i400Calci sono uno stato mentale.

Far-Cry-3-Blood-Dragon-logo

Alcune cose che ho fatto nel tempo che ho passato con Far Cry 3: Blood Dragon:

• ho preso a pugni un reattore nucleare;

• sono stato divorato da un cybersqualo;

• ho strappato il cybercuore dal cyberpetto di un cybersoldato per usarlo come esca, così da attirare un drago al neon rosa e spingerlo in mezzo a un gruppo di casuari mutanti;

• ho metodicamente falciato una quindicina di cybersoldati da qualche centinaio di metri di distanza, comodamente nascosto tra le rocce di una scogliera a picco sul mare. Ne ho lasciato in vita uno solo, terrorizzato, l’ho raggiunto e l’ho ucciso a pugni in faccia;

• ho investito una tartaruga mutante non-ninja con la mia Gippippa;

• ho fatto le cornina del metallo e pure, grazie all’implementazione di un comando apposito e dedicato, il dito medio ai draghi al neon;

• ho fatto del cyber-sesso in 2D;

• sono morto, parecchie volte.

Ah, giusto: Far Cry 3: Blood Dragon è un videogioco. SIGLA!

//www.youtube.com/watch?v=jZUueizrR0A

Blood Dragon si apre così: con una schermata che sembra tipo sabato mattina, settembre 1985, Oklahoma, bambino con la boccia di cereali, tv, prima puntata di G.I. Joe. Poi con un filmatino animato che sembra marzo 1989, Tennesse, bambino che infila per la prima volta nel suo NES la cartuccia di Ninja Gaiden. Poi ti ritrovi a manovrare una machine gun montata su un elicottero e a far esplodere palazzi. Poi il peggior spiegone – un tutorial con un sacco di testo inutile, battute di pessimo gusto, una vocina che fa di tutto per irritare, fette di gameplay che smentiscono qualsiasi regola un Far Cry abbia mai dettato dal 2004 a oggi – della storia recente dei videogiochi. Poi arrivano i draghi al neon. Poi comincia il gioco vero e proprio

L’aspetto migliore? Niente di tutto questo viene trattato con sufficienza o autoironico distacco. Blood Dragon, ambientato in una (cito) «80’s VHS vision of the future», è una variazione sul tema “predatore nella giungla” (natura selvaggia, animali che zompettano liberi e letali tra gli alberi, cattivoni qui e là in giro per la mappa, e poi tu, silente, letale, cacciatore) inventato da Far Cry e perfezionato da Far Cry 3, in cui alla giungla si sostituisce un mondo che sta all’ideale incontro tra Tron, Predator e Commando. Più corto e compatto – e meno costoso – del gioco principale, è stato presentato al mondo con la tagline migliore della storia: «Questo gioco è stupido». Senza giustificazioni né apologie né dichiarazioni d’intenti. Divertimento puro, usando qualsiasi mezzo a disposizione: citazioni di film anni Ottanta, prese per il culo di tropes anni Ottanta, look da cartoon anni Ottanta, nomi di personaggi che negli anni Ottanta sarebbero sembrati esagerati, un protagonista che si chiama Sergeant Rex Power Colt e parla con la voce di Michael Biehn, un co-protagonista che si chiama T.T. Spider Brown e parla con la voce di quello che Vincent Vega ci spara in da la fazza in Pulp Fiction. Blood Dragon è tipo un contenitore di tutto ciò che di bello gli anni Ottanta abbiano mai prodotto, neon rosa compresi.

Sopra: REX POWER COLT, SERGENTE.

Sopra: REX POWER COLT, SERGENTE.

Poi arriva la parte in cui si comincia a giocare davvero, e lì non c’è stupidità che tenga: la nostalgia e l’esagerazione sono cose tanto belle, ma il motivo per cui uno mette su un videogioco è la parte in cui si videogioca, o il rischio che si corre è l’esercizio di stile. Chi arriva a Blood Dragon passando da Far Cry 3 sa già cosa aspettarsi; per me, che a Far Cry 3 sono arrivato grazie a Blood Dragon, l’impatto è stato shockante.

Qual è la prima cosa che viene in mente di fare in un mondo in cui anche le nuvole sono rosa shocking e in cui ci si ritrova in mano armi con nomi tipo FAZERTRON o KOBRACON? A me: “caricare a testa bassa facendo piovere proiettili da ogni dove e urlando AAAAARGH sotto una doccia di scintille e sangue”.

Sbagliato. Così si muore.

Sopra: morire in da la fazza.

Sopra: morire in da la fazza.

Rex Power Colt sarà uno spaccone e un superuomo, ma altrettanto lo sono i cybersoldati che popolano la cyberisola del vabbe’ avete capito. Blood Dragon è un gioco duro e che richiede pazienza, pianificazione e una buona capacità di improvvisare nel caso in cui un piano studiato alla perfezione dovesse andare a puttane all’ultimo minuto*. Pur non essendo uno stealth game** vero e proprio, ha la caratteristica che rende grandi i migliori stealth game: the chase is better than the catch. È un gioco in cui stare fermi per cinque minuti buoni a osservare e attendere il momento buono è divertente, non frustrante; dove l’adrenalina sale mentre si aspetta la finestra di opportunità (per sparare a qualcuno in testa, per sgattaiolargli alle spalle e nascondersi nell’ombra), ed esplode in un singolo, soddisfacente istante di violenza subito dimenticato in favore di una corsa disperata in cerca del prossimo riparo – e della prossima finestra.

È un approccio che, come accadeva anche in Far Cry 3, tocca vette di perfezione durante le missioni più che nei momenti di cazzeggio: pur se più piccolo dell’isola di Far Cry 3, quello di Blood Dragon è un parco giochi ripieno di cazzate e animali bizzarri, in cui sta a chi gioca dar vita a piccole storyline più o meno dimenticabili («Mi ricordo quella volta che stavo cacciando casuari quando sono finito in mezzo a un gruppo di cybersoldati, e meno male che di lì passavano tra draghi che bla bla»); è tutto molto divertente e soddisfacente, ma è quando la palla passa agli autori – com’è naturale e giusto che sia – che il volume si alza a 11.

Sopra: "Il tacito accordo tra autore e giocatore", Dean Evans, pixel su schermo (2013).

Sopra: “Il tacito accordo tra autore e giocatore”, Dean Evans, pixel su schermo (2013).

Equamente divisa tra momenti di puro delirio (la storia del pugno al reattore nucleare è la conclusione della PRIMA MISSIONE del gioco) e tesissime sezioni di – guarda caso – one man army-ismo, la campagna di Blood Dragon è breve, ragionevolmente difficile e scritta non solo con la forza dell’amore per l’action anni Ottanta, ma anche e soprattutto per i videogiochi belli. Le possibilità di fare una strage sono sempre immense – anche se la varietà di approcci possibili significa che dopo una mezz’oretta di sperimentazioni si scopre quello che funziona meglio e ci si dimentica tutto il resto. Personalmente, la presenza del miglior fucile da cecchino che ricordi di aver mai usato in un videogioco ha reso perfettamente inutile il resto, stelle ninja esplosive incluse. Ma la routine del videogiocatore incallito è un difetto del videogiocatore incallito, non certo del gioco, e ci si può anche passare sopra in nome di una trama che prevede dottoresse fighe, cybercattivissimi e congegni fine-di-mondo.

Quel che non è storia principale è invece purissimo sandbox, uno spazio aperto e pieno di bellissime cazzate per divertirsi e mettersi alla prova (ci sono basi da liberare, ostaggi da liberare, animali da liberare della vita), oltre che per morire male e in modi inaspettati. Classico materiale da cazzeggio eseguito molto bene, fatti salvi difetti tecnici, glitch, bug e tutto quel che chi ha giocato a un gioco open world si aspetta da un gioco open world. Qualcuno potrebbe lamentarsi che non c’è abbastanza da fare (al che io ricordo che il gioco costa 14.99€), altri che non ci sono novità significative rispetto a Far Cry 3, e che un look diverso non giustifica il gridare al miracolo (al che io dico che è vero, draghi a parte, ma anche che non mi lamenterò certo di avere per le mani altro Far Cry 3, solo che più fluo). Io dico: che si lamentino, io ho le stelle ninja rosa.

Sopra: ora se volete potete cambiare la vostra cover di Facebook!

Sopra: ora se volete potete cambiare la vostra cover di Facebook!

E qui arriva la parte dove dovrei trarre le conclusioni e convincervi a uscire i vostri sudati euri per un gioco che è stato creato apposta per far contenti i fancalcisti. Credo invece che il modo migliore per ottenere il risultato sia di mostrarvi il finto trailer di un ipotetico Far Cry 3: Blood Dragon: The Movie: immaginate che tutto quel che vedete accadere potete farlo accadere voi giocando a Blood Dragon. E spendete questi soldi.

//www.youtube.com/watch?v=VxLX3RnGu7U

Digital download-quote suggerita:

«I wanna be blinded by your cyber-love»
(Elizabeth Darling)

IMDb | Trailer

P.S.: l’immagine che vedete in cima all’articolo l’ha creata James White, altresì noto come “quello dei titoli di testa di Drive“, il che lo rende “quello che di mestiere disegna cose al neon rosa”, il che lo rende il mio essere vivente preferito di sempre almeno per oggi.

*SPOILER: succede spesso.
**tipo Dishonored.


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